La cenere di un amore: Non c’erano fiori di Arianna Galli

Le ispirazioni sono tante, dalle teorie Freudiane ad Amore e psiche, per raccontare il decorso verso la pazzia di Irene che, dopo un’intensa esperienza con colui che viene descritto con sembianze angeliche, compie un viaggio dentro sé stessa e nelle sensazioni che può far provare l’amore.

Questa è una delle premesse con cui nasce Non c’erano fiori, silloge di Arianna Galli, giovane poetessa milanese di origine bresciana. Una raccolta di poesie che sono legate l’una all’altra da un unico filo rosso, quello di un amore fugace e che porta dolore a chi vive l’abbandono. Il libro è suddiviso in quattro parti (Lanterna, Baci irrequieti, Volo e Sfere), ma ad esse se ne aggiungono due: all’inizio vi è il Prologo e alla fine il Commiato. In ognuna delle parti viene descritta l’evoluzione della storia, dalle sensazioni provate da Irene durante gli istanti passati insieme all’angelo amato, fino a quelle provate dopo il suo essere fuggito da lei.

Nel Prologo vengono riassunti brevemente gli accadimenti della storia, l’arrivo dell’angelo, la seduzione di Irene da parte di egli e il suo addio, in cui Irene sperimenterà il ricordo doloroso del tempo passato con lui, “Quell’angelo da allora abita le mie visioni”.

In Lanterna, primo capitolo della silloge, vengono descritti l’arrivo dell’angelo e le prime sequenze d’amore tra egli ed Irene. Per quanto possa sembrare fugace, le tre poesie di questo capitolo raccontano l’intensità dell’esperienza vissuta dalla ragazza, dove sono i cinque sensi a descrivere ciò che sta succedendo. Infatti, la vista ha una parte fondamentale, il movimento delle immagini, gli sguardi che cercano un punto fisso e poi si ritrovano, e il gioco d’ombre che caratterizza la danza dei corpi. Anche l’udito, il gusto e il tatto si rivelano imprescindibili nel racconto, ma riescono ad essere raggruppati, con sapienza dall’autrice, nell’insieme dei pensieri che vengono vissuti in quegli istanti da Irene. La prima poesia descrive quanto appena detto, nella lingua che tocca il suono e il passaggio di stampo Leopardiano “Il mondo è la siepe e dietro c’è l’infinito: Io lo plasmerò con il calore delle mie dita.”

Si passa a Baci irrequieti, il secondo capitolo, dove a parlare è l’amore che Irene prova e le sensazioni che rimandano all’odore del corpo dell’angelo, così intenso ed unico che viene descritto come se fosse di “fiori ancora sconosciuti agli uomini”. Oltre a questo particolare, emerge un forte richiamo artistico, come se la presenza dell’angelo portasse a sviluppare la creatività di Irene, che raffigura l’amato come un sogno dipinto sulle mani e poi svela il desiderio di volerlo dipingere nell’aria. Nelle ultime due poesie del capitolo, composto da sette, iniziano ad emergere le preoccupazioni di Irene, le paure che possa essere un qualcosa di sbocciato e reciso in un’unica notte. Anche se l’affetto e il dormire reciprocamente abbracciati sembrano donare tranquillità all’atmosfera, Irene teme il diventare cenere di quell’amore e invita l’angelo a restare, perché nel suo presente ha portato l’amore.

Purtroppo, in Volo, composto da sette poesie, si assisterà alla fuga dell’angelo e al conseguente dolore di Irene. Il non poter più sentire la sua voce, porterà Irene a vivere una forte esperienza di solitudine, in cui avverte solamente delle ombre bianche, forse appartenenti al passato, ma non quella dell’amato, che non è presente nel buio e che non è tra quelle che ricoprono le distanze tra loro due. Emerge la costante temporale, il mezzogiorno scandito dalla campana, poi le ore pomeridiane (“ore bianche”) e quelle serali (“ore nere”) che passano con fulmineo fervore, fino ad arrivare nuovamente alla mezzanotte, in cui Irene si dispera per non essere riuscita ad incontrare nuovamente il saluto del suo angelo. Nel capitolo si fanno notare due elementi naturali, ovvero il vorticare delle sensazioni che porta l’anima quasi ad affogare nei frammenti dei “castelli di sogno” e il cielo di Milano, dove il suo tipico aspetto cupo e plumbeo farà vivere i ricordi della nottata precedente, ma che anticiperà la rinascita presente in Sfere, ultimo capitolo dell’opera.

Nelle ultime otto poesie, Irene convive col dolore della perdita dell’amore, soffre per le “Ferite aperte invisibili/Lacrime trasparenti” ed inizia a manifestarsi uno strano walzer nella testa di Irene, ovvero quello in cui tenta di relegare alla cenere il ricordo dell’angelo, ma in cui non riesce a dimenticare l’intensità dell’esperienza e quindi rivive i ricordi delle sensazioni provate. In questi, l’angelo brucia tutto ciò che incontra ed emergono tratti appartenenti alla poetica di Georg Trakl: ovvero la raffigurazione dei corpi nudi come se fossero scheletri, ormai bruciati dal passato, e il sangue che inizia a caratterizzare gli elementi presenti nel contesto della storia, i fiumi che scorrono nel dolore e il cielo di Milano che sanguina ferito, come l’anima di Irene. Però è dalle ferite che Irene vuole ripartire, da tutto ciò che l’angelo brucia e che col passare del tempo lo fa anche con il suo ricordo, lasciando negli occhi della ragazza la fermezza di continuare a credere nell’incontro.

E così si arriva al Commiato, dove la cenere di quel ricordo si trasforma in un qualcosa di arido, Milano è frammentata e anche l’aria circostante somiglia ad un deserto, in cui si intravede uno spiraglio: la rosa rossa sul corpo di Irene. Essa rappresenta la rinascita, perché appare da uno scenario di desolazione e in cui il suo quotidiano sembra sia diventato un insieme di dune desertiche atte a inaridire ogni ricordo di quella esperienza. La rosa è un simbolo d’amore, ma che in questa occasione si riversa sulla figura di sé stessa e della propria vita, perché Irene ne deduce un significato fondamentale e descritto nell’ultima riga dell’opera: “L’abbandono è il primo passo verso il futuro”.

Arianna Galli, con la sua opera di debutto Non c’erano fiori, rappresenta le varie tappe di un amore che è destinato a fallire e a lasciare segni indelebili nella vita della protagonista di questa sua storia in poesie. E lo fa usando metafore ispirate alle teorie di Freud, ma anche citando le opere di altri autori (il mito di Amore e Psiche e Le libere donne di Magliano di Tobino), dando un forte impatto emozionale a chi si ritrova a leggere le sue parole e permette di trarre delle riflessioni sul rapporto con noi stessi, la nostra identità e sul provare amore nei confronti di un’altra persona.

L’opera, edita Giuliano Landolfi Editore, è uscita nel gennaio il 31/01/2022 ed è disponibile, oltre che sullo store della casa editrice stessa, su Amazon, Mondadori, La Feltrinelli, Rizzoli e IBS.

(Davide Bonamici)