L’Oriente non è più così distante. Tutto è a portata di mano. Tutto disposto in modo equilibrato. Tutto così perfettamente aggraziato. Una pace avvolgente patinata di beige, a volte più scura, segnata dal passaggio degli
anni. Un viaggio indietro nel tempo. Una realtà, apparentemente casuale, frutto ponderato di versi nascenti dal significato profondo. Contempliamo la bellezza raccogliendo le sfumature del paesaggio. Sentiamo il tentativo di fissare quanto la memoria ha raccolto. Il ricordo degli alberi, delle rocce, delle montagne, delle nuvole così come fa il poeta con le parole di ritorno da una passeggiata. Meditazione. Fissare nella mente ogni dettaglio e poi riprodurlo, senza restare attaccati a quel particolare paesaggio. Ci ritroviamo in un nuovo mondo senza punti di riferimento. Apparentemente causale, come ci siamo detti, eppure guardando più da vicino quella distesa di nubi si tramuta in un messaggio politico di buon governo. E tutto assume significati impensati. È il potere dell’arte, di un’arte lontana temporalmente e fisicamente. Siamo nel 1300 o meglio circa e anche l’opera è attribuita, senza la certezza completa, a Kao K’o-kung. Navighiamo a vista, sperando di avere risposte, per poi lasciarci travolgere dal sentimento, dai colori nascosti nel nero dell’inchiostro, di terre ignote intrecciate nella fitta trama di fili di seta. La Cina, con i suoi misteri e le verità di un’arte celate tra le pagine della memoria. Eppure non così distante dal nostro mondo. Da quello passato così come dal contemporaneo. Così come con Turner possiamo lasciarci andare, proprio perché non comprendiamo tutto fino in fondo, all’incertezza e ai sentimenti, abbandonandoci a noi stessi con lo sguardo rivolto a Oriente tra le pagine di un libro. Ritrovandoci a pensare. Ritrovando tempo per pensare. Ritrovando tempo per noi stessi.
(Marco Emilio Boga)