Quando Verga incontra il rap: Scirocco e la morale dell’ostrica

Murubutu è uno dei pochi rapper in grado di effettuare una commistione di successo tra musica e letteratura; oggi prenderemo in esame il testo di Scirocco featuring Rancore per compararlo con una celebre teoria ottocentesca di Giovanni Verga denominata La morale dell’ostrica.

In una calda giornata estiva a Bologna, ingrigita da uffici e traffico, anche un semplice parco può diventare un ristoro per un’anima ormai ridotta in coriandoli. Qui facciamo la conoscenza Paolo seduto su una panchina della città, vorrebbe allontanarsi da quello stile di vita e non finire come il muschio ormai sedimentato sulla stazione, annoiato. L’unica cosa che riesce a smuoverlo è il vento di scirocco si trova lì di passaggio che non si è lasciato contaminare dallo skyline e ha già attraversato mari e monti. Così Paolo decide di mettere in moto la sua Benelli a due tempi, risalente agli anni ’70, e scappa seguendo vento, una speranza; non ha uno scopo preciso, non ha fissato una destinazione prefissata, ma non vuole più ritornare al punto di partenza.

Viaggia sulle strade d’aria verso una rotta sconosciuta, o meglio, verso un’utopia che la si può interpretare in due modi: un progetto che si scosta di poco dalla realtà migliorandola; qualcosa di impossibile da realizzare. Viaggia in alto per allontanarsi il più possibile dalla città che lo sta corrompendo e consumando per trovare un posto migliore nel mondo.

A questo punto entra in scena Rancore per descrivere un mondo allo sbando in cui i carcerati non possono fare altro che pregare; tenendo conto del fatto che l’essere umano ha paura del diverso, si crea un vuoto attorno per fortificare i legami con chi ritiene simile.

Il protagonista entra in contatto con i lamenti di cui ha già cantato le sue gesta come se fossero una grande epopea; seguendo il diagramma dei venti, la marea diventa alta e così anche il tasso di difficoltà. Attratto dai paesaggi naturali che nella sua città non poteva mai osservare e guidato dal vento di scirocco, Paolo si ritrova ad addentrarsi in un bosco con la sua moto. Distratto da tutto ciò, non nota che, passando da una strada asfaltata ad una sterrata, vi sono dei pericolosi avvallamenti. Così entra in pieno in un fosso che lo sbalza fuori percorso; di lui si ritroverà solo il mezzo, ormai accartocciato al centro della carreggiata. L’intera provincia lo pianse.

L’uomo, che aveva il presagio di tale fine, aveva chiesto di essere ricordato come una trasparente aurora e come il quadro astratto di Federico Carrera Vento di Scirocco. Certo di non tornare a casa aggiunge che non sarà una condizione temporanea e nemmeno una scelta presa a cuor leggero; vuole tentare in ogni modo a cambiare l’inerzia delle cose e chiede di essere lui il vento che spoglia gli alberi. Si mette in pericolo rubando la più rara rosa del prato e solo vento racconta questa storia.

Come si può notare Paolo ha provato a migliorare la propria condizione fallendo, concetto che ricorda molto la morale dell’ostrica di Giovanni Verga; teoria secondo cui per coloro che appartengono alla fascia dei deboli è necessario rimanere legati ai valori della famiglia, al lavoro, alle tradizioni ataviche, per evitare che il mondo, cioè il “pesce vorace”, li divori. In questo senso l’ostrica dovrà rimanere ancorata alla scogliera, qual ora si dovesse muovere per avanzare nel suo percorso, una marea la trascinerebbe via facendogli perdere tutti ciò che si è conquistato.

Forse possiamo definirla un elogio al pessimismo, ma dobbiamo tenere conto che se non mettiamo in gioco noi stessi rischiando non otterremo mai nulla. In fondo il fallimento è una parte dell’esistenza. In caso non volessimo neanche provarci, i rimpianti ed i rimorsi ci renderanno impossibile vivere, il che è anche peggio.

(Antonio Corcillo)