Quando la finzione delle maschere invade la realtà: il caso Birdman

Luigi Pirandello forse avrebbe amato Birdman, così ispirato alla poetica della sua commedia e ai Sei personaggi in cerca d’autore, a cui l’artista agrigentino aveva dedicato tutta la sua vita.

Perché Birdman è proprio questo, il trionfo delle maschere sulla realtà, dove Riggan Thomson (interpretato da Michael Keaton) non riesce a separarsi dall’immagine di quel supereroe che lo ha reso famoso e che sta distruggendo gli altri ruoli che vuole interpretare nella sua carriera, che sembra essere arrivata ad un passo dalla fine.

Riggan Thomson deve la sua fama a Birdman e la gente che lo incontra per strada lo identifica con lui, perché la sua forza iconica e scenica ha sostituito la sua vera identità, portandolo poi ad avere problemi di dipendenza da alcol e di vere e proprie crisi nervose in cui, durante i discorsi con il suo ego travestito da Birdman, distrugge tutto ciò che ha intorno e dove la frustrazione di non riuscire a ripartire con un nuovo personaggio, lo porta anche a pianificare di uccidersi.

Ma, se nel caso di Riggan la maschera involontariamente si sostituisce alla persona, c’è anche la figura di Mike Shiner (interpretato da Edward Norton), un attore che sta cercando di lanciare la propria carriera e che sta usando proprio Riggan come rampa. Nella realtà Mike è una maschera, questa volta usata volontariamente, con chiunque recita più ruoli per portarsi più persone dalla sua parte ed usarle per la propria convenienza, ma, come si noterà sul palco dove interpretano uno spettacolo teatrale ispirato a What we talk about when we talk about love di Raymond Clever, è proprio sulla scena che il suo essere maschera latita. Nella realtà riesce a recitare con chiunque, ma una volta in scena, fatica nel dare forza e a costruirsi un personaggio che possa piacere al pubblico e che gli permetta di lanciare la propria carriera.

Il film fa intuire anche che ci sono delle dinamiche esterne allo spettacolo che portano al male interiore che vivono gli attori: Riggan ha una situazione familiare tragica, una figlia ex tossicodipendente (Sam, interpretata da Emma Stone) che lo accusa di essere stato un padre poco presente; e anche lo stesso Mike è un uomo così abituato a costruirsi rapporti umani solamente per la propria convenienza, che alla fine è sempre solo ad affrontare la propria immagine e i propri problemi.

Con questo film Alejandro Gonzalez Inarritu ha vinto quattro oscar (Miglior film, regia, sceneggiatura originale e fotografia, questo riconoscimento è stato dato a Emmanuel Luzbeki) e tanti altri premi, ma la sua opera ha permesso di effettuare una riflessione, quella in cui nella nostra realtà incontriamo spesso maschere o persone che si avvicinano ad altre solo per la propria convenienza e non per crearsi dei rapporti stabili. Non ha solamente sceneggiato la tragedia umana di Riggan Thomson, attore che non riesce a separarsi dall’immagine del suo personaggio più famoso, ma anche quella degli altri personaggi che appaiono nel film, maschere che recitano una parte e da cui non riescono a scindersi.

Birdman, uscito nel 2014 ed eletto da molti critici come uno dei più grandi capolavori del decennio e del ventunesimo secolo, rappresenta al meglio la metafora pirandelliana, dove la finzione vince sulla realtà e in cui personaggi sono vittime di questa situazione. Perché, come proprio Pirandello sosteneva con le sue opere, il fatto di vivere da maschera o in mezzo a tante maschere, può portare a tragici eventi e a perdere la propria vera identità.