Hieronymus Bosch e le delizie infernali

Tre tavole, tre mondi, tre stati d’animo tra ordine e caos. Il dipinto che ci troviamo a osservare è il ‘Giardino delle delizie’, databile tra il 1480 e il 1490 circa. Dieci anni in cui l’autore, Hieronymus Bosch, ha potuto dar sfogo al suo genio e si è lasciato andare a visioni uniche nel panorama di quell’epoca. Visioni che partendo dal sacro danno sfogo agli orrori quasi deliranti della mente del pittore.

Il viaggio, perché è così che la mente lo chiama a prima vista, parte dal Paradiso terrestre. Una prima tavola che coglie un unico momento biblico: la creazione. Adamo ed Eva, con Dio e animali che vanno da quelli reali ad altri fantastici. Colori morbidi, smaltati, che vanno dai verdi ai blu, i corpi candidi in contrasto col rosso del manto di Dio. Piante varie, strane costruzioni rocciose sullo sfondo che fanno da dimora per gli uccelli.

Una seconda tavola, quella del Giardino delle delizie, più caotica della prima e meno sacra. Saltano subito all’occhio l’infinità di copri nudi, femminili e maschili, uniti a gruppi o coppie, colti alle prese con vegetali, minerali, conchiglie o mentre si cibano di grossi frutti. Come non vedere la ‘cavalcata della libidine’ al centro, in questo vortice di corpi e animali fantastici, e quella fontana ricolma di donne che si bagnano nella ‘fontana della giovinezza’.

E poi arriva la terza, quella dell’Inferno, prepotente. Coi suoi colori cupi, densi, quasi impenetrabili, in contrasto con le altre tavole. Il regno dei peccati dove regnano diavoli grilli che infliggono punizioni carnali usando strani arnesi e strumenti musicali. L’uomo albero al centro. Orecchie tagliate. Luci di una città infernale sullo sfondo. I toni lividi del ghiaccio, in contrasto con quelli accesi del fuoco.

Ed è qui che la mente, almeno la mia, trova il conosciuto e riconoscibile. Persa nei suoi colori. Persa nelle sofferenze e nei deliri quotidiani, che​ attanagliano tutti noi, che ci fanno sentire veramente vivi. Perché forse, così come facciamo difronte al ‘viaggio’ dantesco, apprezziamo di più l’inferno. Quell’inferno vicino a noi, che possiamo sentire, che possiamo toccare, con le sue pulsioni e brutture, con deliri che ci fanno sentire immersi nel mondo reale. Deliri che ci fanno comprendere e a volte abbracciare il nostro animo d’anime tormentate.

(Marco Emilio Boga)