Se ci fermassimo a osservare lo stesso scorcio oggi troveremmo diverse differenze. Vedremmo le ‘grandi navi’ inquinare visivamente e fisicamente la laguna, probabilmente. Per fortuna quest’opera, “Veduta del bacino di San Marco dalla punta della Dogana”, conservata oggi nella Pinacoteca di Brera a Milano, realizzata da Giovanni Antonio Canal nel 1740-1745, raffigura una città, quella di Venezia, nel suo massimo realismo.
Canaletto, questo il nome con cui è meglio conosciuto il Canal, ha infatti riprodotto una ‘fotografia’ del bacino di San Marco. I volti delle persone, le gondole e batele in primo piano, le onde, i riflessi dei palazzi che si specchiano sull’acqua, la perfetta prospettiva. La Biblioteca nazionale Marciana, le colonne di San Marco e San Todaro, Palazzo Ducale, in secondo piano la piazza di San Marco, San Marco stessa e il campanile.
Incredibile come a distanza di quasi trecento anni sia ancora così attuale, ‘grandi navi a parte’, come dicevamo in precedenza. E tutto questo è dovuto al fatto che uno dei capiscuola del genere della veduta, il Canaletto appunto, utilizzasse la “camera ottica”, conosciuta anche come camera oscura, permettendogli così una resa perfetta in ogni minimo dettaglio.
Tutto così perfetto, tranne le nuvole sullo sfondo, delle nuvole così dense da poterle toccare al solo sguardo, così vere da far viaggiare l’osservatore in un altro mondo, farlo arrivare lì in laguna, sulla punta della Dogana, proprio accanto al Canaletto.
E, perché no, potremmo immaginare una Venezia diversa, senza nemmeno quelle barche, svuotata, un po’ come durante questa pandemia che ci ha colpito. Lo stesso che ha fatto José Manuel Ballester “rendendo visibile il vuoto”, così da assaporarne i dettagli, sprofondare nella desolazione del silenzio, per poi tornare a sentire quelle voci a vedere quelle imbarcazioni, per poi tornare, come sta accadendo in questi giorni, finalmente alla vita.
(Marco Emilio Boga)